3) IL RECLUTAMENTO REGIONALELE ED I CENTRI DI MOBILITAZIONE

 

 

Gli studiosi di storia delle truppe alpine affermano che Perrucchetti ha il grande merito di avere proposto sia il reclutamento regionale, sia la costituzione di centri destinati a mobilitare, inquadrare ed armare i valligiani rendendoli immediatamente pronti all'impiego in caso di guerra.

Le questioni del reclutamento regionale e dei centri di mobilitazione si pongono in termini assai più vasti e comunque appare priva di fondamento l'attribuzione a Perrucchetti del merito della loro adozione.

Il reclutamento regionale, o meglio ancora quello provinciale, era ben noto nell'Esercito piemontese già all'inizio del secolo scorso, quando vennero costituiti i reggimenti provinciali. Non v'è dubbio che esso presentasse enormi vantaggi rispetto a qualsiasi altra forma di reclutamento nazionale, soprattutto perché consentiva di realizzare profondi legami ua soldati della stessa provincia che si conoscevano l'un l'altro, e tra questi e la popolazione di cui erano parte. I superiori conoscevano bene i loro subordinati, tutti erano perfettamente inquadrati sull'ambiente sociale e naturale, i problemi di ogni genere venivano in gran parte risolti con la vicinanza alle famiglie; i reparti possedevano, come risultato del tutto, un altissimo grado di coesione e di spirito di corpo ed una elevatissima efficienza.

Dunque il reclutamento regionale non era affatto una novità nelle valli alpine quando Perrucchetti lo propose, tanto più che esso era alla base degli ordinamenti militari dell'Esercito prussiano. Questo esercito, grazie soprattutto al reclutamento regionale che rese possibile una rapidissima mobilitazione, aveva ottenuto le splendide vittorie del 1870-71 contro la Francia.

I motivi per cui in Italia si rinunciò al reclutamento regionale, che consentiva i grandi vantaggi dal punto di vista militare di cui si è detto, furono essenzialmente politici. Fu per mantenere l'ordine sul territorio del regno che nel 1860 venne organizzato il reclutamento su base rigidamente nazionale. I meridionali vennero inviati al nord ed i settentrionali al sud, con motivazioni che facevano leva sulla diffusione del sentimento nazionale e sulla necessità di amalgama tra gli italiani. Si vollero dare anche spiegazloni militarl a questa scelta, sostenendo che un esercito come il nostro, modellato sul tipo francese, cioè con soldati professionisti a lunga ferma, non doveva cercare sostegno nella popolazione, ma chiudersi in sé stesso e trovare la coesione e lo spirito di corpo non attraverso i contatti esterni ma nella quotidiana vita di reparto. Il soldato avrebbe dovuto immedesimarsi totalmente nella propria professione e rimanere del tutto estraneo ai problemi sociali e politici della realtà in cui viveva. Doveva ubbidire, essere efficiente ed estraniarsi dal mondo che lo circondava.

Il reclutamento rimase nazionale anche quando con la "Riforma Ricotti" si passò dal modello francese a quello prussiano, che pur era basato sul reclutamento regionale. E non v'è da stupirsi, poiché uno dei principali compiti dell'esercito secondo la classe dirigente di allora doveva essere quello del mantenimento dell'ordine pubblico e del sostegno della monarchia. Infatti, negli anni sessanta, metà dell'esercito partecipò alle campagne contro il brigantaggio meridionale post-unitario; il numero di soldati morti superò quello dei caduti in tutte le altre guerre del Risorgimento sommati insieme. Una simile campagna, che non sarebbe stata possibile col reclutamento regionale, sta a dimostrare che la borghesia italiana non volle accogliere le aspirazioni sociali delle classi popolari e contadine perché giudicava di dover pagare un prezzo troppo alto per l'unificazione nazionale, quale richiedeva la soluzione dei problemi sociali. L'esercito fu, come è stato detto, il filo di ferro che tenne unita la nazione. E per far questo l'esercito doveva essere strutturato in modo da non ammettere il reclutamento regionale.

Tuttavia, una particolare apertura verso un limitato ricorso al reclutamento regionale venne sorprendentemente proposta dallo stesso Ministro della Guerra Cesare Magnani Ricotti in un progetto di legge presentato al Senato il 6 dicembre 1870. La proposta riguardava la creazione di una «Milizia distrettuale., facente capo ai Distretti Militari di recente lstltuzlone, avente ll compito di appoggiare l'esercito permanente nelle operazioni di guerra. Perciò la proposta di Perrucchetti trova in quest'altra ben più autorevole proposta un precedente del quale bisogna tenere il debito conto nello stabilire la vera origine delle compagnie alpine.

Circa il secondo punto, cioè la creazione di centri di mobilitazione nelle valli alpine proposti da Perrucchetti, va sottolineato il fatto che i Distretti Militari di Cuneo, Torino, Novara, Como, Brescia, Treviso e Udine, cioè quelli ai quali più tardi vennero assegnate le compagnie alpine, erano già stati costituiti nel 1870. La loro origine va messa in relazione con le disastrose operazioni di mobilitazione che si svolsero per la campagna del 1866, definite "scandalose" dagli stessi responsabili. Non si poterono, infatti, utilizzare 150.000 reclute di prima e seconda categoria, non del tutto vestite, armate solo parzialmente e in grado di maneggiare a mala pena un fucile. La confusione, il disordine e l'indisciplina che caratterizzarono quelle operazioni indussero il Ministro della Guerra a studiare con urgenza il modo di porvi rimedio, affinché non dovessero più ripetersi inconvenienti del genere.

Subito dopo la campagna del 1866 venne istituita una commissione di generali e colonnelli per studiare il problema di una più sollecita mobilitazione e di un parziale ricorso al reclutamento regionale. Da questi ufficiali venne l'idea generatrice dei Distretti Militari e probabilmente anche quella delle "Milizie distrettuali" presentata al Senato 11 nel 1870 dal ministro Magnani Ricotti. L'idea dei Distretti Militari venne portata avanti con alterne vicende, finché nel 1870 vennero creati i primi 45 Distretti Militari, aumentati a 53 nel 1871 e a 62 nel 1872.

In definitiva, prima ancora delle proposte di Perrucchetti del 1872, i problemi del reclutamento regionale e dei centri di mobilitazione erano già stati affrontati, in parte con leggi già operanti e in parte con proposte di legge.

 

 

 

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