GIUSEPPE DOMENICO PERRUCCHETTI E
LE ORIGINI DELLE TRUPPE ALPINE
Articolo del prof. Virgilio Ilari pubblicato sulla "Rivista
Militare" nel maggio 1990
Come i bersaglieri riconoscono
ufficialmente il fondatore del corpo in Alessandro La Marmora,
così gli alpini considerano Giuseppe Domenico Perrucchetti il
fondatore del loro.
Si tratta di una tradizione
indiscussa e tralatizia, e non sottoposta a vaglio critico
neanche in opere recenti come quella del generale Faldella
promossa dall'Associazione Nazionale Alpini in occasione del
centenario della fondazione del corpo(1)
e perfino quella, che si vuole maggiormente attenta ai canoni
della storiografia professionale, dell'ex-alpino di leva Gianni
Oliva(2).
Perrucchetti deve in definitiva questa fama soprattutto al fatto
di averla egli stesso alimentata, attribuendosi il merito di
aver per primo proposto la creazione di truppe alpine nel volume
La difesa dello Stato pubblicato nel 1884. Giungendo in tal
modo, come ricorda Piero Pieri, a suscitare un lieve moto di
irritazione perfino in un uomo come Ricotti, cui universalmente
si riconosceva la pacatezza e che in definitiva aveva apposto la
propria firma, accanto a quella del Re, al decreto istitutivo
del 15 ottobre 1872. «Raccontava il generale orero - scrive
Pieri - che verso il 1895, discorrendosi fra un gruppo di amici
del Ricotti, lui presente, dell'attribuzione di tale merito al
Perrucchetti, egli senza scomporsi si limitò a dire: Cuntac,
I'ai sempre credù d'essi mi, mentre ades sauta fora chiel...
sì!»(3).
In effetti Perrucchetti intervenne da
ultimo e da esordiente in un dibattito assai complesso sulla
difesa delle Alpi e sull'esigenza di costituire speciali unità
per la guerra in montagna, a reclutamento locale, che durava
almeno dal 1866, dopo le esperienze della campagna in Trentino,
e dopo l'acquisizione del Veneto, che regalava all'Italia un
confine militare estremamente svantaggioso caratterizzato dal
minaccioso saliente della val d'Adige.
Nel dicembre 1871, quando era ancora
Capo di Stato Maggiore della Divisione di Verona, Perrucchetti
sottopose al proprio diretto superiore, generale Giuseppe
Salvatore Pianell, un proprio studio su «la difesa di alcuni
valichi alpini e l'ordinamento militare territoriale della zona
di frontiera». Faldella riferisce, senza citare la fonte, che lo
studio fu accolto da Pianell «con un sorriso bonario», e con le
parole: «col reclutamento territoriale non potrete ottenere
sufficiente disciplina; avrete delle compagnie di
contrabbandieri e non di soldati». Comunque lo studio giunse
(Faldella non specifica se per iniziativa autonoma di
Perrucchetti oppure perchè trasmesso da Pianell) sul tavolo del
comandante del Corpo di Stato Maggiore, generale Entico Parodi.
Secondo Faldella i generali Parodi e Pompeo Bariola «invitarono,
nel marzo 1872, il giovane capitano a riassumere il suo lavoro
che fu presentato al Ministro della Guerra generale Cesare
Ricotti Magnani. Questi, riformatore e organizzatore geniale ed
ardito, esaminò il lavoro, lo elogiò ed invitò l'autore a
pubblicarlo sulla Rivista Militare, allo scopo di attirare su di
esso l'attenzione degli studiosi e di stimolare la libera
discussione. E lo studio di Perrucchetti fu pubblicato sulla
Rivista Militare del maggio 1872».
Che Ricotti, uno dei fondatori del Club
Alpino Italiano nel 1864, dovesse a Perrucchetti l'idea di
istituire 15 compagnie alpine tra le 40 compagnie distrettuali
istituite presso i distretti di Cuneo, Torino, Como, Novara,
Treviso, Udine e Brescia in virtù del regio decreto 15 ottobre
1872, come suggerisce Faldella, è del tutto insostenibile.
Come ricorda opportunamente in un articolo del 1985 il generale
Pier Giorgio Franzosi(4),
già nel gennaio 1872 Ricotti aveva presentato tre progetti di
legge sull'ordinamento dell'esercito, uno dei quali prevedeva
l'aumento di nove del numero dei distretti militari,
evidentemente allo scopo di istituirne di nuovi alla frontiera
alpina, con le relative compagnie distrettuali. Ma c'è di più:
la giunta parlamentare per l'esame dei progetti, di cui facevano
parte, oltre ai generali Bertolé Viale e Cosenz, anche due
sostenitori di Ricotti come Corte e Farini, propose, tra le
altre modifiche, anche di radunare i soldati della milizia
provinciale dei distretti alpini, istituita nel 1871, in «corpi
speciali di tiratori» a reclutamento locale.
Le proposte di Perrucchetti giunsero
a un Ministro già pienamente convinto, e probabilmente con lei
dee in argomento assai più chiare del giovane capitano. Del
tutto inverosimile che Ricotti avesse disposto la pubblicazione
di un estratto dello studio «allo scopo di attirare su di esso
l'attenzione degli studiosi e di stimolare la libera
discussione», come afferma Faldella. La decisione era già presa
se appena quattro mesi e mezzo dopo la pubblicazione
dell'articolo, e senza aspettare l'approvazione parlamentare dei
progetti di legge in discussione, Ricotti provvide a istituire
le compagnie distrettuali, di cui 15 alpine. Più semplicemente,
trovandosi sottomano un testo già quasi «spendibile», avrà
deciso di utilizzarlo per dare una anticipazione della riforma.
Si può anche aggiungere un ulteriore indizio, e cioè il diverso
modo in cui il saggio di Perrucchetti fu accolto da un
comandante operativo, come Pianell, e da un organo di studio e
proposta, come il comando del Corpo di Stato Maggiore. Se
quest'ultimo credette di doverne dare informazione al Ministro,
era perchè il testo giungeva a proposito, e collimava con
l'orientamento già affermatosi nel Ministero.
Si potrebbe anche supporre che
Ricotti avesse una intenzione particolare nel pubb1icizzare, fra
i vari progetti di milizie alpine, proprio quello di
Perrucchetti. Come ha ben messo in rilievo Franzosi,
Perrucchetti aveva una concezione estremamente riduttiva delle
truppe alpine. Anche se forse appare eccessivo fare di
Perrucchetti un anticipatore della attuale teoria della
«bivalenza» delle truppe alpine secondo la quale queste
dovrebbero attenuare la fisionomia di truppe da montagna ed
essere dotate di mezzi e armamenti adatti al combattimento in
pianura (come suggerisce Franzosi, al quale evidentemente la
«bivalenza>> non piace eccessivamente), è comunque indubbio che
Perrucchetti concepisse le truppe alpine per la custodia dei
valichi secondari, e per compiere un'azione che oggi chiameremmo
di «frenaggio» del nemico nella fascia pedemontana.
Questo ruolo degli alpini era
perfettamente in linea con la concezione strategica
«difensivista» di Ricotti, che non si discostava da quella di La
Marmora, secondo la quale «le Alpi si dovevano difendere non sui
monti, ma sul Po e sull'Appennino», tenendo concentrate le
truppe nella pianura Padana e prevedendo campi trincerati di
ripiegamento in posizione arretrata sull'Appennino.
Ma questa tesi era già allora avversata
da una concezione del tutto opposta, che, senza ancora sfociare
nella strategia offensivista che sarebbe prevalsa negli anni
ottanta, teorizzava la difesa avanzata sulla linea alpina.
E' segno dei fraintendimenti che regnano al riguardo, il fatto
che Gianni oliva, estrapolandone dal contesto alcune pagine,
abbia fatto proprio del tenente colonnello Agostino Ricci il
teorizzatore massimo della tesi difensivista e della
precostituzione di «campi fortificati di rifugio»(5).
E' chiaro che Ricci teneva presenti
tutte le ipotesi. Ma il suo nome è semmai legato proprio alla
tesi della difesa attiva sulle Alpi, in una ampiezza molto
superiore a quella prevista da Perrucchetti. Come ricorda
Franzosi, Ricci era dal 1868 insegnante di arte militare alla
Scuola di Guerra di Torino, e aveva studiato i problemi della
guerra in montagna sia sotto il profilo teorico (commentando il
volume, tradotto anche in italiano, pubblicato dal generale
austriaco Kuhn, che era stato l'avversario di Garibaldi nella
campagna del 1866 in Trentino), sia sotto il profilo pratico,
organizzando e dirigendo le campagne logistiche della Scuola di
Guerra. Perrucchetti fu destinato a insegnare geografia militare
alla Scuola di Guerra nell'aprile 1872, dopo essersi segnalato
con lo studio trasmesso al comando del Corpo di Stato Maggiore:
ma giungeva in un istituto il cui tono culturale era già
profondamente permeato, oltre che da Ricci, anche da Marselli,
titolare della cattedra di storia dal 1867 al 1875.
In particolare Ricci aveva assegnato alle istituende milizie
alpine, ben prima della proposta di Perrucchetti, un ruolo del
tutto diverso, e molto più corrispondente a quello che gli
alpini avrebbero poi effettivamente svolto durante la prima
guerra mondiale: e cioè non un'azione di semplice «frenaggio»
(come suggeriva Perrucchetti), bensì di vero e proprio «arresto»
e contrattacco in profondità. In sostanza - scrive Franzosi -
secondo Perrucchetti l'azione di copertura doveva rappresentare
un'azione a sé tante per dare tempo al grosso dell'Esercito di
radunarsi in pianura, mentre secondo Ricci la copertura era
parte integrante della manovra generale, perchè doveva impedire
che le colonne avversarie giungessero in pianura per riunirsi e
costituire 'massa'»(6).
L'art. 25 della legge di ordinamento 30
settembre 1873 ufficializzava l'esistenza delle «speciali
compagnie alpine, nel numero da fissarsi secondo le esigenze del
servizio», costituite presso alcuni distretti. Le prime 15
furono formate alla fine del 1872, in occasione della chiamata
alle armi della classe 1852.
Salirono a 24, riunite in 7 battaglioni
di 3-4 compagnie ciascuno, il 1° gennaio 1875, e a 36 riunite in
10 battaglioni, nell'autunno 1878. Da notare che Mezzacapo le
volle tutte sul piede di guerra con l'organico di 255 uomini,
cioè quasi il triplo di quello delle altre compagnie di fanteria
e bersaglieri.
In base agli ordinamenti del 1871,1873,1877 e 1880 non erano
previste corrispondenti unità alpine di Milizia Mobile e di
Milizia Territoriale. Alle compagnie alpine dell'Esercito
Permanente erano infatti attribuiti compiti di guerriglia e di
difesa locale, che richiedevano personale giovane e allenato:
benchè riunite amministrativamente in battaglioni, erano
concepite per essere impiegate autonomamente, in conformità con
i procedimenti di guerriglia allora teorizzati anche
nell'Esercito italiano, in particolare dopo le esperienze dei
franchi tiratori del 1870-'71(7).
Ricotti e Mezzacapo concepivano insomma
l'impiego delle compagnie alpine più o meno negli stessi termini
di Perrucchetti.
Una svolta decisiva si ebbe invece con il nuovo orientamento
offensivista prevalente negli anni ottanta e Novanta. La
struttura ordinativa degli alpini venne completamente modificata
e il loro numero raddoppiato, riunendoli in unità tattiche di
livello superiore alla compagnia, formate generalmente da un
battaglione e da una batteria da montagna. Ciò serviva a rendere
possibile un impiego offensivo delle truppe da montagna: a
svolgere cioè quell'azione di «arresto» che era stata
preconizzata da Ricci(8).
Il regio decreto 5 ottobre 1882
raddoppiò le compagnie, portandole a 72, riunite in 20
battaglioni non più contraddistinti con un ordinativo numerico
(come le unità amministrative), bensì con il nome della «valle»
alla cui difesa erano destinati, mentre le funzioni
amministrative furono accentrate a sei nuovi comandi di
reggimento. Inoltre furono costituite le prime due brigate di
batterie da montagna (in tutto 6 batterie e 24 pezzi da 70 mm
BR). Nuova espansione nel 1887, quando gli alpini raggiunsero la
forza di 7 reggimenti, con 22 battaglioni e 75 compagnie e
furono sottoposti ad uno speciale Ispettorato delle truppe
alpine, retto inizialmente da Pelloux e poi dal generale Heusch,
e l'artiglieria da montagna fu riordinata su un reggimento con 9
batterie. Inoltre nel 1888 il nuovo ordinamento della Milizia
Mobile, previde 38 compagnie alpine e 15 batterie da montagna
assegnate alle unità dell'Esercito Permanente.
Le unità di base delle truppe alpine
(compagnie e batterie) dell'Esercito Permanente erano appena 84
su 1.800 circa (cioè appena il 4,7 per cento): ma erano ad
organico di guerra (250 uomini e 5 ufficiali), mentre le altre
erano al disotto degli organici di pace. Di conseguenza i 19.897
alpini e artiglieri da montagna corrispondevano quasi al decimo
della forza bilanciata.
Nel 1902 si cercò di imitare il
sistema austriaco delle brigate da montagna sostituendo
l'Ispettorato con tre comandi di «Gruppo Alpino>>, ma nel 1909
si tornò al vecchio sistema, ricostituendo l'Ispettorato, mentre
i 22 battaglioni furono ridistribuiti tra 8 reggimenti.
L'artiglieria da montagna, salita nel 1894 a 15 batterie, fu
ordinata nel 1909 in 2 reggimenti con 8 gruppi e 24 batterie,
corrispondenti ai battaglioni attivi. Inoltre furono costituiti
i nuclei di mobilitazione di 22 battaglioni della Milizia
Territoriale con 75 compagnie.
Al 24 maggio 1915 l'Esercito
Permanente comprendeva 8 reggimenti alpini con 26 battaglioni
(79 compagnie), la Milizia Mobile 38 compagnie e la Milizia
Territoriale 26 battaglioni con 62 compagnie. I battaglioni
attivi erano contraddistinti da nomi di città dell'arco alpino,
quelli territoriali da nomi di valli. Le unità di Milizia Mobile
furono aumentate e costituirono battaglioni contraddistinti da
nomi di monti. L'artiglieria da montagna contava 13 gruppi con
39 batterie, più 11 autonome mobilitate da reggimenti da
campagna.
Virgilio Ilari
(1) Emilio Faldella,
Storia delle Truppe Alpine, Associazione Nazionale Alpini,
Cavallotti - Landoni, Milano, 1972, I, pp. 31-33.
(2) Gianni Oliva,
Storia degli alpini, Rizzoli, Milano, 1985, pp. 22-28.
(3) Piero Pieri, Le
forte Armate nell'età della Destra, Giuffré, Milano, 1962, p.
84, nt. 1.
(4) Pier Giorgio
Franzosi, Le origini delle Truppe alpine, in Rivista Militare,
n. 2, 1985, pp. 99-ll0.
(5) Oliva, op. cit., p. 27, a proposito di Agostino Ricci,
Appunti sulla difesa dell'Italia, Torino, 1872, p. 34.
(6) Franzosi, op. cit., p. 102.
(7) Cfr. Conferenze
sulla scuola di guerriglia per un ufficiale del 2° reggimento
granatieri (Giuseppe Dal Pozzo), Torino, 1871, cit. in Piero Del
Negro, Guerra partigiana e guerra di popolo nel Risorgimento, in
Memorie Storiche Militari 1982, USSME, Roma, 1983, p. 75.
(8) Sull'impiego degli alpini, oltre all'articolo di
Perrucchetti, cfr. i seguenti interventi: F. Somale, Le
compagnie alpine, in Rivista Militare Italiana, maggio 1878;
V.E. Dabormida, La difesa della nostra frontiera occidentale in
relazione agli ordinamenti militari odierni, Torino, 1878; G.
Bertelli, Le truppe alpine nella difesa territoriale d'Italia,
in Rivista Militare Italiana, marzo-aprile 1879; P. Fambri, La
Venezia Giulia. Studi
politico-militari, Venezia, 188O, o. Baratieri, La difesa delle
Alpi, in Nuova Antologia, aprile 1882
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