Vorremmo soffermarci un attimo per spendere due parole sulla
nostra sede: quella che per noi è semplicemente la “Baita”.
Dopo le prime riunioni svolte presso il Bar della Stazione, vi
era la necessità di avere una sede più adeguata alle esigenze
del neonato Gruppo. Iniziò la ricerca di un locale, ma con scarsi
risultati, sino a quando, qualcuno disse che vi era un magazzino
in disuso di proprietà delle Ferrovie.
Andarono a fare un
sopraluogo e si trovarono di fronte un locale fatiscente
dall’interno mezzo diroccato.
Uno sguardo tra loro e la decisione fu presa. Dopo quello che
avevano passato non era certamente quel fatiscente locale che
poteva spaventarli, e poi, lavorare per mettere a posto il
locale, avrebbe potuto farlo sentire ancora più loro, la loro
casa, sì la baita dove ognuno sperava di tornare quando era al
fronte.
Bene, faremo di questo luogo la nostra “Baita”, un luogo, come
fu descritto in seguito da uno dei tanti frequentatori: - “entri
ti chiudi dietro la città … E ti siedi al caminetto …”.
Iniziarono i lavori. Tutti quanti diedero una mano perché perche
il desiderio diventasse realtà e quel luogo la casa di
tutti gli alpini, anche di quelli che non erano tornati a baita.
Il vero trascinatore e lavoratore instancabile della metamorfosi
di quel locale fu Guido Ruschena. Sempre presente, apportava
continuamente lavoro e idee riuscendo a coinvolgere, anche negli
anni successivi, chi non aveva a che fare con gli alpini, ma che
poteva in qualche modo rendersi utile. Come ad esempio l’uso dei
locali e delle attrezzature dell’officina che il suo amico
Ferrobraio aveva, poco distante dalla sede.
Finalmente i lavori della nostra Baita erano finiti. Era giunto
il momento di inaugurare solennemente il Nostro Gruppo, si,
perché ora avevamo tutto: gli alpini e una sede.
Nonostante che la costituzione del Gruppo fosse avvenuta sin dal
15 novembre 1954, si scelse il 27 marzo 1955 per l’inaugurazione
ufficiale in concomitanza con l’inaugurazione della tanto
agognata sede.
In questo modo si trasformò la nostra Baita
non solo luogo d’incontro,
ma anche in un un simbolo.
In effetti per tutti gli alpini di Rivarolo, ma non solo per
essi, la nostra Baita è sempre stata importante. Voluta dai
nostri “Veci” è testimone importante della vita del Gruppo e al
tempo stesso casa, mausoleo, sacrario. Essa ha scandito i
momenti importanti a partire dal giorno della sua inaugurazione
con l’atto di più alto valore in essa compiuto: quale la
consegna al Sergente Maggiore Guido Ruschena della M.B.V.M da
parte del mai dimenticato Generale Remigio Vigliero.
Nell’arco di questi anni ha visto tra le sue mura sedersi al
caminetto autorità ecclesiastiche, civili, militari e
personalità del più alto rango. Tra di esse ricordiamo un Ministro della
Difesa, il comandante della 6° Flotta U.S.A.,
l’alpinista Walter Bonatti ed altri ancora.
A noi piace però ricordare anche coloro che hanno dato lustro al
Gruppo e sono andati avanti. I loro cappelli in bacheca o appesi
alle pareti ne testimoniano una perenne presenza, le loro
medaglie appese ci infondono coraggio nei momenti difficili e la
consunta e lacera Bandiera del Btg. Ivrea ci ricorda i nostri
doveri.
Ci piace anche l’aleggiare dello spirito di coloro che si sono
seduti ai nostri tavoli durante i momenti conviviali che è
sempre presente. A volte ti giri e ti sembra di rivederli con il
loro sorriso e con i loro problemi che si affacciavano
all’orizzonte.
Ci sembra di risentire i canti del Coro Monte Bianco, per un
periodo coro del Gruppo, che tra queste mura preparò i suoi
concerti e i momenti più belli.
Ci accompagna lo schiamazzo felice delle orfanelle che durante
la “Befana alpina” le vide per parecchi anni sorridenti a fianco
di coloro che chiamvano i loro “Papà alpini”.
Si, tutto questo è la nostra “Baita”: testimone dei sentimenti,
dei ricordi e dei rimpianti degli alpini del Gruppo.
Sarebbe sciocco nasconderci dietro un dito, con la fine della
naja l’età media del soci si alza inesorabilmente e senza
rincalzi, come si sarebbe detto allora, i numeri degli alpini si
assottigliano sempre più.
Ci piace pensare che quando non ci saranno più alpini i
nostri “Amici degli Alpini” possano ancora sedersi al caminetto
per ricordare e tenere vivo il ricordo e, quel che più conta, le
gesta, il senso del dovere e di solidarietà che il nostro Corpo,
e in primo luogo i nostri vecchi, hanno saputo trasformare in
leggenda.
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